17 febbraio 2014

Per conoscere Jean Sulivan



Parlare di Jean Sulivan è tradirlo.
Tutta la sua scrittura e la sua esistenza non sono che un tentativo di dire, comunicare, esprimersi senza dire, senza dare messaggi né ricette,  senza esporre principi né analizzare sistemi o ideologie.
Lo scrittore è infatti convinto che tutto quel che diviene oggetto della ragione, tutto quello che si vuole spiegare, commentare, analizzare, capire diviene oggetto, materia, cosa. Viene svilito, banalizzato, svuotato della sua vera essenza.
Dunque non posso e non voglio dire nulla di Sulivan.
E allora?

Lo scrittore desiderava creare un ascolto, scardinare gli schemi, proporre l’insolito, insomma essere un ribelle, non per il gusto della trasgressione, ma per impedirsi ed impedire di sprofondare nel torpore spirituale, nel sonnambulismo, in quella inconsistenza dell’essere che si maschera spesso di attivismo sfrenato, di sofisticata cultura, di ragionamenti ineccepibili, ma che rivela un vuoto interiore, un non-essere.

"Cercate la felicità? Smettetela! Cercate di esistere e solo allora sarete felici!"

La parola di Sulivan è allora parola che suggerisce, parola che sospinge in avanti, che mette in cammino verso un oltre.

Parola che induce a smetterla con le parole, per ricominciare ad ascoltare la propria voce interiore, quella petite musique che si canta dentro di noi.

Jean Sulivan non afferma nulla di straordinario, solo delle evidenze. Ma si tratta di evidenze primarie, vitali. Si tratta dell’essenziale.
Occorre reimparare a respirare, a camminare, ad incontrarsi.
Occorre reimparare a leggere, a scrivere, a sperare.
Occorre ritornare ad essere persone libere e gioiose: è questo, secondo lo scrittore, il più urgente servizio per cui impegnarsi nella società.


Scegliere di scoprire in sé un segreto, custodirlo con cura perché è lì la sorgente che garantisce alla parola la sua verità, la sua consistenza. È quel segreto dell’interiorità che consente a ciascuno di essere se stesso e non una maschera. 
E così di scegliere di camminare verso e nell’essere.

1 giugno 1999

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