Guardate le persone correre affaccendate, nelle strade.
Non guardano né a destra né a sinistra, Con aria preoccupata, gli occhi fissi a
terra, come cani. Filano dritte, ma senza guardare davanti ad esse, infatti
fanno il percorso, già conosciuto, in modo meccanico. In tutte le grandi città
del mondo è la stessa cosa.
L'uomo
moderno, universale, è l'uomo frettoloso, che non ha tempo, l'uomo prigioniero
della necessità. L'uomo moderno non capisce che una cosa possa non essere
utile; non capisce neppure che, in fondo, è l'utile che può essere un peso
inutile. Se non si capisce l'utilità dell'inutilità, l'inutilità dell'utile,
non si capisce l'arte; e un paese in cui non si capisce l'arte è un paese di
schiavi o di robot, un paese di infelici, di gente che non ride né sorride, un
paese senza spirito.
Eugène Ionesco
In tale prospettiva, la poesia è inutile.
Ma, proprio perché inutile occorre
impegnarsi a credere e a far credere che proprio oggi c’è urgenza di poesia, per non lasciarsi soffocare dalla ferocia e trovare
l'energia per restare umani e condividere il sogno di una fraternità possibile.
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Il termine
“poesia” deriva dal greco poieïn (=
fare, creare). Il campo semantico è ampio e include sia il generare che il fabbricare un
oggetto. Dunque poesia e azione sono intimamente connessi, ma si tratta di
un fare speciale: un fare, un agire per tradurre, per dar forma nuova
all’essere. Un esserci, guardando con occhi nuovi e parlando parole parlanti.
La poesia incarna, infatti, un’esperienza, una
visione, una relazione.
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* Inizio di una riflessione sulla "parola poetica", tratta dal mio volume La cura delle parole, ed. Plumelia 2021.
* Foto scattata nell’ottobre 2018 a vicolo Ragusi, traversa di via Vittorio Emanuele. Sul muro, incollato sopra un manifesto pubblicitario scolorito, un foglio vuoto con quattro parole capaci di dire più di molti discorsi.