16 maggio 2018

OGNI GIORNO DI VITA È PREZIOSO

Ogni giorno, qualunque cosa accada, è un mosaico di volti, di emozioni, di possibilità, un mondo imprevedibile da scoprire. Un'alba, un sole, una notte... un nuovo giorno.
 
Ieri ho appreso della morte di una persona con cui una trentina d'anni fa ho percorso un tratto di strada insieme.Era più giovane di me di sette anni.
Ho pensato ai miei ultimi sette anni: così straordinariamente intensi di vita, di incontri, di lacrime e di sorprese inimmaginabili.
Quanto tempo si spreca, quanto tempo lasciamo scorrere inerti, insoddisfatti, incapaci di apprezzare ciò-che-è.
Ogni giorno è un giorno nuovo... dipende da noi che sia anonimo, insignificante o eterno.

13 maggio 2018

Abbraccio e fede


L'energia, la bellezza, il potere delle mani.
"Mani e fede" come "mani e parole" sono binomi inscindibili.

A nulla serve parlare se non si opera, a nulla serve pensare la bellezza se non si crea qualcosa. Vana è la nostra fede se non si trasmette l'energia di un amore salutare, di un'esperienza che ti fa "sentire bene".

Nelle nostre mani, la forza e la bellezza di un amore più grande.
Attraverso le mani possiamo praticare l'arte della prossimità.
Una carezza, un abbraccio possono riaccendere una giornata anonima, ridonare fiducia ad una persona immersa nella solitudine, a chi è inaridito dal troppo attivismo e da un desertico disincanto.
A tutti è possibile avvicinarsi a chi è triste dentro, con occhi e mani che accarezzano e abbracciano e sperimentare che «Dio salva e lo fa attraverso le persone»*.
Forse troppo prodighi nel dire parole, siamo avari di gesti davvero ri-creativi. Un abbraccio ci fa risalire nel cielo del cielo, acqua per un cuore arido, luce in una notte buia.


















* Romano Guardini.



11 maggio 2018

CITTADINANZA RESPONSABILE

Può apparire banale il racconto di questo episodio, proposto come "omaggio-ricordo" a Peppino Impastato, ma "fare memoria" per me significa non solo partecipare a cortei, conferenze o processioni, piuttosto vivere nel proprio quotidiano il sogno e i principi di persone che sono state autenticamente libere...

La farmacia che frequento è divisa al centro da una scaffalatura, ai lati della quale stazionano i clienti in fila, con il numero prelevato all'ingresso. Un tabellone elettronico indica il turno. Ieri pomeriggio una sgradevole esperienza, non tanto in sé, quanto perché metafora di un vivacchiare dilagante rassegnato e anonimo. Entrando, prendo il numero 100 e mi metto in fila; stanno servendo il 94.
La scaffalatura divisoria finisce circa un metro e mezzo prima di arrivare al bancone dietro il quale si trovano i dottori impiegati nel servizio vendita, dunque della fila accanto si vedono solo i due clienti che si trovano di fronte al medico.
La  mia fila si è bloccata, come spesso accade, ma è il numero che conta... Dalla fila di destra giunge un tale, indefinibile se si vuol mantenere la decenza del linguaggio: ampio e tondeggiante panzone ricoperto da giubbotto cerato rosso fiammeggiante, ovviamente firmato. 
Io vengo dopo la signora, afferma con aria spavalda alle spalle della cliente che si sta avvicinando al bancone..
Tutti a guardarlo, ma nessuno parla. Rifletto un attimo. Non ho l'abitudine di creare alterchi, ma ieri qualcosa mi ha sollecitato a non tacere.
Con tono chiaro e pacato chiedo: "Scusi, ma che lei venga dopo la signora chi lo ha deciso? Che numero ha?
Quando sono entrato ero distratto e non ho preso il biglietto. Ma io vengo dopo la signora.
- Allora se il biglietto non ce l'ha lo vada a prendere e si metta in fila come tutti.
Il tale rimane spiazzato per un attimo, poi dice con tono disgustato:
- Ma qual è il problema? Che vuole passare lei? E passi! Si accomodi, prego...
- Io non passo e non mi accomodo. Andrò quando sarà il mio turno. E lei che non passerà perché non ha il numero.
Nel frattempo uno dei medici si è liberato e dice al tipo: "Per me non c'è problema, se la fanno passare..."
- No, il signore non passa proprio, perché non ha il numero! affermo io con fare deciso. Silenzio tombale intorno.
Il tipo bofonchia non so quale parolaccia, si sfrega con rabbia le mani, quasi volesse prepararsi a sferrarmi un pugno, mi si piazza davanti con sguardo aggressivo, così ravvicinato da sentirmi sfiorare da quel rosso panzone dondolante e mi urla:
- PERSONE COME LEI NON DOVREBBERO ESISTERE SULLA FACCIA DELLA TERRA!
- ECCO PERCHÉ L'ITALIA VA COME VA! gli rispondo con fermezza.
Il tipo va via. Sento qualche sommesso: "che cretino, che maleducato..." niente di più. Tutto procede come se non fosse successo nulla. Sola, mi guardo tutt'intorno, a nessuno interessa nulla. Forte amarezza, ma insieme libertà e leggerezza.
Occorrerebbe contagiare in modo virale la voglia di non lasciarsi sopraffare dall'atteggiamento prevaricatore di alcuni, di non lasciarsi abbrutire dall'indifferenza di tanti, di trovare il coraggio e la gioiosa resposabilità di scegliere in ogni situazione ciò che è giusto e rispettoso dei valori della comunità in cui si vive.

06 maggio 2018

La Gioia

Di quale "gioia" parla Gesù di Nazareth? Quale gioia è sperimentabile da tutti e sempre? Ovviamente non può trattarsi di spensierata allegrezza, solo talvolta possibile e certo non a tutti.
La gioia promessa e donata a chi accoglie la parola del Vangelo è la pace interiore, l'armonia tra mente e cuore, la libertà da un "io" egoistico e schiavizzante. La scelta di voler sorridere per far sorridere, di accogliere persone e parole per creare spazi di umanità, l'impegno a vedere la bellezza nelle piccole cose e  guardare il quotidiano con occhi sempre nuovi.
Stile di vita forse impraticabile se non si "rimane" nella Parola.

«Vi ho detto queste cose perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena». (Vangelo di Giovanni 15, 11)
VI Domenica dopo Pasqua - Anno B.

05 maggio 2018

Solo Dio può capire

A chi raccontare certi giorni in cui si combinano tasselli disseminati nel tempo di una vita, esperienze, emozioni, tradimenti e sofferenze che nessuno può sapere? Nessun amico, anche se carissimo, potrebbe infatti conoscere la storia dell'altro nei suoi dettagli più inafferrabili, intessuti di lacrime e di gioia, di parole e di silenzi.
Negli anni ho sperimentato che la preghiera può essere anche questo: raccogliere il quotidiano, imprevedibile e molteplice, e raccontarlo in silenzio ad un Dio che tutto sa di me, quel che ho vissuto e quel che ancora mi resta da scoprire.
Un Dio paziente e capace di ascoltarmi e di capire, perché ogni evento che accade, s'intreccia con mille altre storie che solo Lui conosce e che, con Lui, acquisiscono un senso e mi indicano le tracce di un percorso da seguire.
Un Dio compassionevole, sempre capace di lavare piedi sporchi e mani invidiose, cuori raggrinziti e occhi spenti.
Un Dio umile, che non ha bisogno di mostrarsi onnipotente, perché è Amore.
Un Dio necessario per non lasciarsi travolgere dall'inaccettabile, dall'incomprensibile, dall'assurdità di taluni rapporti sperimentati che talvolta nulla hanno di umano e che comunque, nonostante ogni impegno, s'intrecciano nella rete del proprio personale vissuto.
Un Dio amico che abbraccia la mia esistenza con una carezza di cielo.