Che gran paternità quella degli alberi, che sanno dare
a ciascuno dei loro rami un cammino verso la luce.
Lorenzo Olivan
Lorenzo Olivan
‒ Tremai.
Un terrificante boato scoppiò, ma molto
lontano da me. Eppure ne avvertii l’esplosione, come se i palazzi d’intorno
fossero stati bombardati, ma nessuna montagna… nessuna autostrada… nessuno
scoppio. Solo un silenzio sconfinato sulla città. Io al solito posto. Le mie
radici sul marciapiede, i miei rami sulla facciata del palazzo. Eppure tremai.
Fu silenzio. Fu deserto. Fu inferno. Io
tremai e piansi. So bene che gli alberi non piangono e neppure i comici o i
cantanti, ma qui accadde e continua ad accadere.
Palermo è bella non solo per il mare e
il cielo, per il cibo e i colori, per i suoi artisti e i suoi monumenti.
Palermo è bella anche per i suoi alberi. Quanti miei fratelli nati e cresciuti negli
spazi di questa sorprendente città! Ci sono alberi così monumentali da essere
inseriti nelle guide turistiche, come quelli dell’Orto Botanico, il cipresso di
santa Maria di Gesù, alto circa 23 metri e lo spettacolare Ficus di piazza
Marina, il più grande albero d’Europa.
Io invece
ignorato, in questa via Notarbatolo 23, attraversata quotidianamente da
migliaia di macchine rumorose e da passanti distratti. Forse nessuno si era mai
fermato a guardarmi, ma ci sono giorni che cambiano la vita degli uomini, come
anche degli alberi.
Da allora,
sembra che nulla sia mutato. Io sono sempre qui, al numero 23; le radici nel
cemento, le mie fronde sui balconi, ma da quel giorno nulla è più come prima.
Dopo poche ore
da quel tragico boato un numero di persone sempre crescente iniziò a
raccogliersi davanti a me. Avvertivo forti sentimenti di rabbia e di sgomento,
ma anche la vigorosa voglia di non arrendersi. Senza che nessuno lo decidesse,
in modo spontaneo divenni “un luogo di memoria”, “un altare laico”, un vigoroso
richiamo alla legalità.
Visite, biglietti, fiori, striscioni;
sono una sorta di reliquario laico, a cui cittadini indignati e/o speranzosi continuano ad affidare
parole e attese. Forse questi gesti che ad alcuni potrebbero apparire fanatici
o insignificanti generano energia positiva che, purtroppo, non a tutti è
gradita. Certo è che un giorno mi spogliarono, lasciando il mio tronco nudo.
Portarono via foto e messaggi, fiori e parole di riconoscenza, Un gesto
squallido, un furto ignobile, un’azione esecrabile, ma la reazione dei palermitani
fu immediata e subito fui nuovamente rivestito di segni di solidarietà.
Dinanzi a me – ormai da ventisei anni – ogni 23 maggio si compie un rito, una
celebrazione della speranza.
Da punti diversi – e non solo della
città ma dell’Italia tutta – mi
raggiungono festosi cortei di ragazzi, canti, striscioni colorati e lenzuoli
bianchi. Giungono ad un orario ben preciso, si radunano dinanzi a me, perché per
tutti coloro che aprono l’orecchio del cuore, dopo le parole, le testimonianze
e i canti, alle 17:58, ancora una volta la tromba della Polizia di Stato
suonerà il Silenzio per sovrastare
quell’antico boato e suggerire note di futuro nei cuori raggrinziti.
E nel silenzio solenne ciascuno potrà
ascoltare la parola che si genera dalla morte dei Giusti.
Una Parola capace di cambiare le cose, di ri-creare il mondo e di renderlo più umano.
Scoppierà come ogni
anno un boato di applausi. Mi abbracceranno associazioni, gruppi,
rappresentanti delle istituzioni, famiglie, e tanti bambini, a cui i genitori
racconteranno la “storia”. Sì, perché il 23 maggio è Storia. E la storia deve
essere raccontata per rimanere viva e feconda, per non essere dimenticata.
È vero che dopo tanti anni, molto poco
si sa della verità dei fatti accaduti. Forse per questo taluni affermano che
queste manifestazioni annuali siano inutili. È indubbio che i “riti” rischiano
di essere mummificati dall’abitudine, le manifestazioni pubbliche possono certo
trasformarsi in passerelle, in spazi di protagonismo, ma è altresì vero che ciò
dipende dalle persone. Il rito, nella sua cadenzata ripetitività, è essenziale
nella vita di ogni persona. Abbiamo bisogno delle ricorrenze per custodire la memoria,
per rinnovarla nella nostra vita personale e sociale. Per dar senso a ciò che
ha avuto Senso.
Non va mai
dimenticato inoltre che la storia ha due volti, come ogni realtà autenticamente
umana: ciò che si mostra e che è tangibile e un altro volto, quello
sotterraneo. L’umanità attraversa terreni carsici e c’è una dimensione
invisibile ma operativa che scava giù, nel profondo delle coscienze, nella
memoria del cuore. E, in modo più o meno consapevole, siamo comunque tutti dei
«nani che camminiamo sulle spalle di
giganti», sulle spalle e sulle orme di chi, con la propria vita vissuta in
pienezza, ha scavato profetici percorsi di autentica rinascita.
Ed è la “memoria”
che ogni anno viene raccontata qui il 23 maggio, perché non rimanga solo…
memoria. Io, sempre apparentemente immutato
e immobile, con le mie radici e le mie fronde unisco la terra all’azzurro, il
passato al futuro. Sono segno di unione e condivisione.
I palloncini tricolore, che alla fine
della manifestazione volano alti nel cielo blu della città, divengono icona
della “Palermo chiama Italia” e dell’Italia
che risponde a Palermo nel segno di quella nave che porta migliaia di ragazzi
da ogni parte della penisola, corpo di un’umanità che non vuole rassegnarsi e
che non vuole lasciarsi violentare da barbari e prevaricatori.
Io sono certo di aver visto dinanzi a me
tanti occhi e tanti cuori palpitare e risvegliarsi. Ho visto ragazzi – oggi adulti
– fare delle scelte di impegno civile, decidere di vivere in modo responsabile
il loro essere cittadini, imboccare percorsi non facili per il bene di questa
Palermo. Giovani che hanno scelto di non andar via dalla città, ma di
prendersene cura… Adulti che, abbandonando indifferenza e disincanto, hanno deciso
di impegnarsi per il bene comune.
Io, Albero-Giardiniere mi faccio custode
dei loro semi di speranza, dei loro sogni, dei loro progetti.
Io, icona della Palermo che vuole
cambiare.
Con i miei “vestiti” pregni di fedeltà,
attendo ogni anno questo incontro, ma finora l’ho atteso da solo.
A “fare
memoria”, adesso ci sarà anche la mia fedele compagna, finora del tutto
trascurata. La garitta posta dinanzi alla casa del giudice Falcone, finalmente
restaurata, sarà anch’essa un’icona per custodire la memoria e offrirsi come
spazio per la creatività dei ragazzi palermitani.
Qui dinanzi a me sono passati politici e
artisti, rappresentanti delle Istituzioni, persone umili e personaggi famosi,
ma io non sto qui a giudicare se sono stellati o di bassa lega, cristiani falsi
o democratici dittatori… Le discriminazioni, in ogni ambito, non sono mai
utili. I giudizi categorici sempre presuntuosi e pericolosi. Io sono custode di
tutti. Giardiniere, custode, padre di tutti e per tutti è il mio messaggio:
– No alla mafia!
No alle mafie! No a qualsiasi forma di violenza e d’ingiustizia!
Sì alla libertà
di voler collaborare per la rigenerazione di un popolo di persone libere.
Occorre uno spazio, un luogo, una “patria”, dove ciascuno possa
ritrovare la sua bellezza e crescere nel coraggio e nel desiderio della
partecipazione, mettendo insieme i talenti di tutti, per costruire un’autentica
e responsabile comunità civile.
Domani il calendario segnerà 24 e, forse
per molti, tutto sarà come prima, ma sono certo che, anche quest’anno, dinanzi
a me si sono realizzate connessioni significative e comunque a tutti è stata
regalata l’esperienza che “essere insieme” è fondamentale per andare avanti,
per resistere, per rinascere. Per ripartire. In quella “folla di speranza”,
forse distratta, forse in parte inconsapevole, comunque è stato piantato un seme.
E, in fondo, cos’è un albero se non l’esplosione
di un seme che si fa ramo, foglia, fiore, frutto, che diviene rifugio, dona
bellezza e non si stanca di spargere semi?
«Bisogna guardarlo a lungo un albero
perché nasca in noi a quel modo».
*Antoine de Saint-Exupéry
perché nasca in noi a quel modo».
*Antoine de Saint-Exupéry
Io, Ficus magnolioide, dalla mia
nascita, come tutti gli alberi alla ricerca della luce e attento solo ai miei
rami. Da ventisei anni attento e desideroso di far passare la luce su questa città,
perché sia di nuovo Felicissima.
*Testo pubblicato nel volume PalermoParla, una rassegna di scritture promossa dall'associazione Partecipalermo, in occasione di Palermo Capitale della Cultura 2018 e Manifesta12.
*Testo pubblicato nel volume PalermoParla, una rassegna di scritture promossa dall'associazione Partecipalermo, in occasione di Palermo Capitale della Cultura 2018 e Manifesta12.