I LIBRI
Parole, pensieri e persone che ti segnano la vita
È proprio vero che i libri, come gli amici,
disegnano la storia della nostra vita!
Circa quarant’anni fa, mi ritrovai tra le mani
il Journal d’un curé de campagne di
Georges Bernanos.
Scoprii, attraverso quel libro, il senso
dell’amicizia e dell’incontro, il ruolo del dialogo per un’autentica
riconciliazione, sperimentata come capacità di accogliere se stessi e tutto/i
nella libertà.
Percepii l’urgenza di riconoscere il mio
volto ma anche il volto di chi mi stava di fronte.
Compresi il ruolo della responsabilità,
consegnata a ciascuno, di poter scegliere di amare silenziosamente, attraverso
le attenzioni pazienti di ogni giorno.
Gustai il sapore delle piccole cose e l’arte
di convivere con la malattia.
Sperimentai l’importanza di sapersi “inimportanti”.
Udii la voce delle mani e il silenzio del
segreto che ciascuno porta in sé.
Immaginai l’ebbrezza di una corsa all’alba e
il mormorio lieve della speranza affacciata ad una finestra aperta sulla notte.
Trovai il coraggio di non avere paura della
paura.
Provai il disgusto della menzogna e di ogni
forma di compromesso.
Scoprii l’importanza di tenere un diario, in
cui segnare qualche traccia della mia storia d’ogni giorno. M’inoltrai nei
meandri del senso delle cose: del senso dello scrivere, del dialogare, del
condividere, dell’esistere. Intuii come l’arte, nelle sue molteplici
realizzazioni, ha un ruolo insostituibile nella storia dell’umanità e di ogni
singola persona.
Quella lettura mi mise in contatto con
qualcuno di cui, fino a quel momento, conoscevo appena il nome. Georges
Bernanos divenne per me un compagno, con cui fare un pezzo di strada insieme,
nello stupore di camminare «a tentoni»
con qualcuno, di sentire talvolta parole familiari, di intravedere chiarezze,
lì dove non c’erano state che vaghe intuizioni. Di avvertire il morso
dell’angoscia sentendomi sprofondare in un mondo che muore per mancanza di
amore. Sì, un «compagnon» con cui
condividere la mai conclusa avventura della ricerca dell’essenziale.
Cominciai a leggere tutti i suoi romanzi e i Dialogues e poi la Correspondance e gli Écrits
de combat. Insomma, scelsi di leggere tutte le sue opere che, nella loro
varietà, mi rivelavano ad ogni pagina una passione palpitante: la passione per
l’uomo e per tutto quel che è autenticamente umano: verità, libertà, giustizia,
infanzia, semplicità. E la preziosità della scrittura quale strumento
sorprendente – ma insieme insidioso – di un’instacabile ricerca di Dio e di
ogni espressione dello spirituale.
E siccome gli amici degli amici divengono
nostri amici, ecco che non mi fu difficile incontrare in un qualcuno, che a sua
volta aveva incontrato Bernanos, un altro impareggiabile compagno di strada.
Ecco come avvenne l’incontro.
Nei testi di Alessandro Pronzato, un autore
che leggo volentieri, ero rimasta colpita da alcune citazioni che mi
penetravano dentro con forza, provocandomi emozioni differenti: parole semplici
ma insieme graffianti più che cocci di vetro. Per qualche tempo, forse perché
stordita da quelle parole, non mi ero resa conto che le frasi che mi parlavano
in profondità erano tutte dello stesso autore, un certo Jean Sulivan. Se di
Bernanos avevo qualche volta sentito il nome, di Sulivan sconoscevo anche
quello. Decisi di scoprire chi fosse, ma dopo le prime sterili ricerche
rinunciai. Fu solo dopo parecchio tempo (me ne ero quasi dimenticata) che, a
Parigi, rovistando negli scaffali dei libri d’occasione, mi ritrovai sotto gli
occhi un volume dal titolo Itinéraire
spirituel. Il titolo mi colpì, ma quale emozione appena, sulla copertina, scorsi
l’autore! Lessi con avidità quel testo di Sulivan e ricominciai seriamente la
mia ricerca. Sperimentai una gioia inesprimibile quando scoprii che uno degli
scrittori preferiti da Sulivan era proprio Bernanos.
Da allora non ho cessato di leggere e
rileggere i suoi non pochi testi: romanzi, novelle, articoli, saggi, diari
spirituali, trovandovi sempre quella parola capace di ricondurmi al silenzio
creativo e pacificante. Sulivan, una parola capace di risvegliarmi.
Una parola che ferisce e sana.
Una parola che s’impone di scardinare il
linguaggio pietrificato in frasi fatte e il pensiero solidificato in concetti
su misura.
Una parola che ti rivela il gusto dell’istante-eternità.
La parola di un ribelle, che preferisce restare ai margini per entrare nel cuore delle cose e delle persone.
Una parola che ti parla perché non ti offre
soluzioni accomodanti ma ti pone interrogativi inquietanti, che non ti lasciano
vivere le comode paci, in cui si
rischia di far morire il vivente che è in noi.
Una parola “errante”, l’unica parola che veramente parla, al di sopra e al di
sotto di ogni parola convenzionale, fotocopiata. La parola capace di comunicare
con la Parola eterna.
Tale parola, poetica e divina, non spiega,
non rassicura, proviene non si sa da dove, ma ha in sé l’energia di
risvegliare. Parola liberatoria, di autentica rinascita. Parola di
resurrezione.
Questa è la parola di Sulivan, «parola del passante», scarna ed
incisiva, parola forte, esigente e tenera come la parola di un vero amico.
Una scrittura-parola
che interpella personalmente, profondamente, ricordando a ciascuno di essere il
protagonista della propria storia, di poter scegliere, in qualsiasi situazione
ci si trovi, di “restare schiacciati
sotto il peso o di prendere il volo”
Una parola che ti invita a rinunciare alla
chiacchiera banale e menzognera, che ti suggerisce di abbandonare il «mercato», «il teatro delle maschere»,
che ti straccia nell’intimo e ti lascia «dépossedé». Ma è questa una condizione necessaria per ascoltare quel «cela qui change le sens du tout», … un mormorio lieve. La tua
musica.
Negli anni, la lettura dei testi di Bernanos
e Sulivan si è trasformata in riflessione, in studio, in proposta didattica per
i miei allievi. Ho scritto su questi autori e sui loro testi, mi sono impegnata
a farli conoscere e non solo nelle aule universitarie: conferenze, seminari,
interventi, articoli su riviste, incontri-spettacolo organizzati con i miei
studenti. In questi ultimi mesi, mi sono così resa conto che, oltre i volumi
pubblicati e attualmente in libreria, avevo raccolto tanto altro materiale.
Perché lasciare tutto archiviato nel computer?
È così
che è nato questo testo: una raccolta di scritti, alcuni mai pubblicati, altri
ormai fuori commercio. L’obiettivo è duplice: a) non incentivare, per quanto
possibile, l’uso delle fotocopie che se, in certi casi, sono davvero preziose,
tuttavia diseducano lo studente al gusto del libro; b) l’urgenza di riordinare
il materiale prodotto in tanti anni.
E ancora e soprattutto un omaggio a coloro
che hanno reso più colorata e consistente la mia avventura umana.
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