11 maggio 2018

CITTADINANZA RESPONSABILE

Può apparire banale il racconto di questo episodio, proposto come "omaggio-ricordo" a Peppino Impastato, ma "fare memoria" per me significa non solo partecipare a cortei, conferenze o processioni, piuttosto vivere nel proprio quotidiano il sogno e i principi di persone che sono state autenticamente libere...

La farmacia che frequento è divisa al centro da una scaffalatura, ai lati della quale stazionano i clienti in fila, con il numero prelevato all'ingresso. Un tabellone elettronico indica il turno. Ieri pomeriggio una sgradevole esperienza, non tanto in sé, quanto perché metafora di un vivacchiare dilagante rassegnato e anonimo. Entrando, prendo il numero 100 e mi metto in fila; stanno servendo il 94.
La scaffalatura divisoria finisce circa un metro e mezzo prima di arrivare al bancone dietro il quale si trovano i dottori impiegati nel servizio vendita, dunque della fila accanto si vedono solo i due clienti che si trovano di fronte al medico.
La  mia fila si è bloccata, come spesso accade, ma è il numero che conta... Dalla fila di destra giunge un tale, indefinibile se si vuol mantenere la decenza del linguaggio: ampio e tondeggiante panzone ricoperto da giubbotto cerato rosso fiammeggiante, ovviamente firmato. 
Io vengo dopo la signora, afferma con aria spavalda alle spalle della cliente che si sta avvicinando al bancone..
Tutti a guardarlo, ma nessuno parla. Rifletto un attimo. Non ho l'abitudine di creare alterchi, ma ieri qualcosa mi ha sollecitato a non tacere.
Con tono chiaro e pacato chiedo: "Scusi, ma che lei venga dopo la signora chi lo ha deciso? Che numero ha?
Quando sono entrato ero distratto e non ho preso il biglietto. Ma io vengo dopo la signora.
- Allora se il biglietto non ce l'ha lo vada a prendere e si metta in fila come tutti.
Il tale rimane spiazzato per un attimo, poi dice con tono disgustato:
- Ma qual è il problema? Che vuole passare lei? E passi! Si accomodi, prego...
- Io non passo e non mi accomodo. Andrò quando sarà il mio turno. E lei che non passerà perché non ha il numero.
Nel frattempo uno dei medici si è liberato e dice al tipo: "Per me non c'è problema, se la fanno passare..."
- No, il signore non passa proprio, perché non ha il numero! affermo io con fare deciso. Silenzio tombale intorno.
Il tipo bofonchia non so quale parolaccia, si sfrega con rabbia le mani, quasi volesse prepararsi a sferrarmi un pugno, mi si piazza davanti con sguardo aggressivo, così ravvicinato da sentirmi sfiorare da quel rosso panzone dondolante e mi urla:
- PERSONE COME LEI NON DOVREBBERO ESISTERE SULLA FACCIA DELLA TERRA!
- ECCO PERCHÉ L'ITALIA VA COME VA! gli rispondo con fermezza.
Il tipo va via. Sento qualche sommesso: "che cretino, che maleducato..." niente di più. Tutto procede come se non fosse successo nulla. Sola, mi guardo tutt'intorno, a nessuno interessa nulla. Forte amarezza, ma insieme libertà e leggerezza.
Occorrerebbe contagiare in modo virale la voglia di non lasciarsi sopraffare dall'atteggiamento prevaricatore di alcuni, di non lasciarsi abbrutire dall'indifferenza di tanti, di trovare il coraggio e la gioiosa resposabilità di scegliere in ogni situazione ciò che è giusto e rispettoso dei valori della comunità in cui si vive.

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