08 aprile 2018

BARCARELLO, MON AMOUR



La voce dei luoghi 

Tutto ha una voce. Pietre, monumenti, natura, luoghi, animali. E persone.
Tutto parla, o meglio potrebbe parlarci, se fossimo in grado di ascoltare. Giacché si ascolta solo ciò che si conosce, ciò che si ri-conosce, ciò che amiamo. Cose e persone.
Così gli spazi che abitiamo, i luoghi che visitiamo, le persone che incontriamo parlano a chi li accoglie, a chi sceglie di abitarli e si lascia invadere dallo loro più intima essenza, perché ogni cosa, ogni persona hanno una storia, mille storie che prescindono da noi, e solo se ci si immerge dentro, se ci si lascia "invadere" avviene la magia della connessione, l’incantesimo dell’incontro, l’esperienza indicibile di sentire di esistere e che altro e altri esistono, con la loro storia di bellezza e di vita.

E così qualcosa o qualcuno fino a quel momento “estraneo” entra a far parte della tua storia personale, ti diviene familiare, ti abbraccia e ti parla nell’intimo, tu lo ri-conosci eppure lo ammiri come se fosse la prima volta ed è proprio questo stupore che ti consente di percepirne una bellezza conosciuta, ma ancora e sempre da scoprire.


 
Barcarello è uno dei luoghi di cui amo ascoltare la voce e la sua parola continua a scavarmi nel profondo.

Seduta sulle aguzze rocce nere, era il mio luogo preferito per preparare i miei esami universitari e anche d’inverno, sola col mio giaccone e lo zaino carico di libri, passavo lunghe ore nel mio “studio” speciale, ricevendo stimoli ed energia per respirare profondo, lasciandomi abbracciare dal vento impregnato di salsedine. Riconosco che oltre cinquant’anni fa non era consueto vedere qualcuno sulla scogliera deserta ancor più se donna, ancor più se giovane e graziosa, ancor più se d’inverno (a quei tempi, prima del 15 luglio nessuno andava a mare, a parte gli stranieri…)

A Barcarello ho abitato per parecchi anni in una roulotte posteggiata in un campeggio proprio sulla scogliera: da aprile a settembre (a parte agosto, mese che trascorrevamo a san Martino delle scale) ci trasferivamo in quel campeggio col nostro primogenito – prima della sua nascita privilegiavamo una tenda canadese, decisamente non adeguata a biberon da disinfettare e ciripà da lavare di continuo…
Certo, anche in questo caso devo riconoscere che era un po’ strana la mia scelta: allora i campeggi erano frequentati solo da turisti ed era alquanto bizzarro vederci uscire dalla roulotte vestiti “da lavoro”: mio marito, da perfetto bancario, in giacca e cravatta, io con la borsa carica di libri e la gonna a pieghe, in attesa che arrivasse la baby sitter, che avrebbe accudito il nostro Luigino…
Già, strano, ma, almeno nella mia esperienza, dalle stranezze sono sempre nate esperienze per me arricchenti e insostituibili, certamente ignote e ancor più “incomprensibili” a chi preferisce vivere una vita “normale”, con persone “normali” e passatempi “normali" e programmati, che per me sono sempre stati insapori, sterili, incapaci di farmi gustare la bellezza e la vita, nelle sue imprevedibili forme.

Barcarello i suoi colori e profumi, le sue rocce, i prati di alghe su cui è talmente accarezzante e gratificante poggiare i piedi da non pensare neppure alle insidiose rocce o ai granchi in attesa di mordicchiare qualcosa.
Barcarello e il suo tetto d’azzurro immerso nell’orizzonte.
Barcarello e la sua brezza di vento imbevuta di salsedine.
Barcarello e l’Isola delle Femmine, con i suoi tramonti nello sfondo.
Barcarello e la montagna alle spalle, con la sua forma di cane accoccolato.
Barcarello e il volo dei gabbiani.
Barcarello e le sue barche variopinte.
                                      Barcarello, il mare nell’anima.





2 commenti:

  1. Barcarello e Malb, che respira il mare, accarezza il vento, contempla la montagna, si nutre di bellezza e ce la regala.

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