05 marzo 2014

Cenere in testa e acqua sui piedi

Tra questi due riti, si snoda la strada della quaresima. Una strada lunga, apparentemente: poco meno di due metri. Ma, in verità, molto più lunga e faticosa, perché si tratta di partire dalla propria testa per arrivare ai piedi degli altri. A percorrerla non bastano i quaranta giorni che vanno dal mercoledì delle ceneri al giovedì santo. 

Occorre tutta una vita, e il tempo quaresimale è un tempo privilegiato.
Pentimento e servizio sono le due grandi prediche che la Chiesa affida alle Ceneri e all'Acqua, più che alle parole.
Cenere e Acqua. Ingredienti primordiali del bucato di un tempo. Ma soprattutto, simboli di una conversione completa, che vuole afferrarci dalla testa ai piedi.                                                                 (don Tonino Bello)
                    ~   ~   ~A che servirebbe dire di pentirsi, di volersi “lavare”, se non per lasciarsi trasformare nell’intimo e dunque cambiare mentalità, dilatare il proprio cuore, aprire le proprie mani e muovere i propri passi per gesti nuovi di solidarietà autentica?

Preghiera, digiuno ed elemosina, ci suggerisce la Chiesa. Ma gli stessi percorsi vengono indicati anche in altre religioni. E allora? Quale lo specifico del nostro credere? Quale l’itinerario per una conversione radicale al vangelo di Gesù?
Occorre risalire alla sorgente e rischiare il salto profondo: passare da una conformistica adesione ad una religione all’impegnativa esperienza della fede.
Il cristiano che vuol essere tale, che vuol vivere seriamente un tempo di conversione deve scegliere di maturare il suo rapporto con Gesù, perché sia sempre più personale e determinato.
Un rapporto superficiale non modifica la nostra vita; ma se il rapporto è davvero profondo allora ne veniamo trasformati; e se è così dei rapporti umani, quanto più lo sarà del rapporto-incontro col Signore, che potrebbe risolversi in un’ipocrisia tra le altre o in un evento se, non a parole ma con la vita, affermeremo e confermeremo che «Gesù è il Signore».
Solo in un incontro-evento con Gesù-Parola possiamo maturare la consapevolezza della nostra più vera identità: «solo Cristo rivela l’uomo all’uomo» (Redemptor hominis). Identità di figli del Padre, per grazia. Da tale consapevolezza non potrà non derivare uno sguardo nuovo sull’umanità, su ogni uomo: uno sguardo fraterno, benevolo. Uno sguardo “familiare”.
Quanto siamo lontani dal vivere il nostro battesimo!

Guardando anche distrattamente le bancarelle del recente carnevale, emerge un dato: oggi, per ridere e divertirsi, occorre esaltare il brutto, il grottesco, l’osceno. Ma ciò che è davvero grottesco e osceno è che il carnevale non è più un tempo limitato nel tempo: uno “stile” – si fa per dire – carnascialesco va invadendo, con ritmo travolgente, spazi sempre più ampi del nostro vivere.
Ecco che allora Gesù ci impone di abbandonare le maschere, l’ipocrisia, la supponenza, la ricerca di plauso (vedi il vangelo di Matteo, proclamato il Mercoledì delle Ceneri. (vangelo di Matteo 6, 1-6; 16-18)

[2] Quando fate l'elemosina, non suonate la tromba, come fanno gli ipocriti;
[5] Quando pregate, non siate simili agli ipocriti;
[16] Quando digiunate, non assumete aria malinconica come gli ipocriti.

Gesù ci impone di «strappar via le pelli morte» (Olivier Clément), per recuperare la bellezza-verità del nostro vero volto di figli di Dio.

Questo tempo di deserto, che siamo invitati a vivere con attenzione, non deve servire infatti per fare analisi apocalittiche sulle persone o sulle situazioni esterne a noi, ma deve essere un’occasione privilegiata per guardarci dentro. E non è facile.

Di pianeti e di fiori
facciamo conoscenza
ma quando si tratta di noi
allora c’è l’etichetta
l’imbarazzo
il terrore.
                                                (Emily Dickinson)

Non è facile accettarsi, riconoscere i propri limiti, sentirsi responsabili di quanto avviene dentro e intorno a noi; ma a questo siamo chiamati, non per disperarci piuttosto per ritrovare l’entusiasmo di un rinnovato impegno, per risvegliare in noi lo «zelo» per la casa-popolo di Dio che «va in rovina» (Ag 1) e decidersi per uno stile di vita seriamente evangelico, in cui regni la giustizia, la fraternità, la gioia di Dio.
Perché questo programma di rinnovamento non rimanga mera astrazione, occorre ridare a Dio il primato nella nostra esistenza, vilmente prostrata dinanzi a troppi idoli. Viviamo nella ricerca spasmodica di certezze, di sicurezze, di realtà magari buone, ma assolutizzate, che ci imprigionano: «Solo al Signore Dio tuo ti prostrerai, lui solo adorerai».

«Chi spera nel Signore non resta deluso».

La fede in Dio, centro della nostra esistenza, ci consentirà di trovare nel quotidiano impegno delle nostre energie «la giusta misura del dolore e della gioia» (Georges Bernanos).

Cenere e acqua, perché si accenda in noi il fuoco della fede.




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