Cenere in testa e
acqua sui piedi
Tra questi due riti, si snoda la strada della quaresima. Una
strada lunga, apparentemente: poco meno di due metri. Ma, in verità, molto più
lunga e faticosa, perché si tratta di partire dalla propria testa per arrivare
ai piedi degli altri. A percorrerla non bastano i quaranta giorni che vanno dal
mercoledì delle ceneri al giovedì santo.
Occorre tutta una vita, e il tempo quaresimale è un tempo
privilegiato.
Pentimento e servizio sono le due grandi prediche che la Chiesa affida
alle Ceneri e all'Acqua, più che alle parole.
Cenere e Acqua. Ingredienti primordiali del bucato di un tempo. Ma
soprattutto, simboli di una conversione completa, che vuole afferrarci dalla
testa ai piedi. (don Tonino Bello)
~ ~ ~A che servirebbe dire di
pentirsi, di volersi “lavare”, se non per lasciarsi trasformare nell’intimo e
dunque cambiare mentalità, dilatare il proprio cuore, aprire le proprie mani e
muovere i propri passi per gesti nuovi di solidarietà autentica?
Preghiera, digiuno ed elemosina,
ci suggerisce la Chiesa. Ma gli stessi percorsi vengono indicati anche in altre
religioni. E allora? Quale lo specifico del nostro credere? Quale l’itinerario
per una conversione radicale al vangelo di Gesù?
Occorre risalire alla sorgente e rischiare
il salto profondo: passare da una conformistica adesione ad una religione
all’impegnativa esperienza della fede.
Il cristiano che vuol essere
tale, che vuol vivere seriamente un tempo di conversione deve scegliere di
maturare il suo rapporto con Gesù, perché sia sempre più personale e
determinato.
Un rapporto superficiale non
modifica la nostra vita; ma se il rapporto è davvero profondo allora ne veniamo
trasformati; e se è così dei rapporti umani, quanto più lo sarà del
rapporto-incontro col Signore, che potrebbe risolversi in un’ipocrisia tra le
altre o in un evento se, non a parole ma con la vita, affermeremo e
confermeremo che «Gesù è il Signore».
Solo in un incontro-evento con
Gesù-Parola possiamo maturare la consapevolezza della nostra più vera identità:
«solo Cristo rivela l’uomo all’uomo» (Redemptor hominis). Identità di figli del Padre, per
grazia. Da tale consapevolezza non potrà non derivare uno sguardo nuovo
sull’umanità, su ogni uomo: uno sguardo fraterno, benevolo. Uno sguardo “familiare”.
Quanto siamo lontani dal vivere
il nostro battesimo!
Guardando anche distrattamente le
bancarelle del recente carnevale, emerge un dato: oggi, per ridere e
divertirsi, occorre esaltare il brutto, il grottesco, l’osceno. Ma ciò che è
davvero grottesco e osceno è che il carnevale non è più un tempo limitato nel
tempo: uno “stile” – si fa per dire – carnascialesco va invadendo, con ritmo
travolgente, spazi sempre più ampi del nostro vivere.
Ecco che allora Gesù ci impone di
abbandonare le maschere, l’ipocrisia, la supponenza, la ricerca di
plauso (vedi il vangelo di Matteo, proclamato il Mercoledì delle Ceneri. (vangelo di Matteo 6, 1-6; 16-18)
[2] Quando fate l'elemosina, non suonate la tromba, come fanno gli
ipocriti;
[5] Quando pregate, non siate simili agli ipocriti;
[16] Quando digiunate, non assumete aria
malinconica come gli ipocriti.
Gesù
ci impone di «strappar via le pelli
morte» (Olivier Clément), per recuperare la bellezza-verità del nostro vero volto di
figli di Dio.
Questo
tempo di deserto, che siamo invitati a vivere con attenzione, non deve servire
infatti per fare analisi apocalittiche sulle persone o sulle situazioni esterne
a noi, ma deve essere un’occasione privilegiata per guardarci dentro. E non è
facile.
Di
pianeti e di fiori
facciamo
conoscenza
ma
quando si tratta di noi
allora
c’è l’etichetta
l’imbarazzo
il
terrore.
(Emily Dickinson)
Non è
facile accettarsi, riconoscere i propri limiti, sentirsi responsabili di quanto
avviene dentro e intorno a noi; ma a questo siamo chiamati, non per disperarci
piuttosto per ritrovare l’entusiasmo di un rinnovato impegno, per risvegliare
in noi lo «zelo» per la casa-popolo di Dio che «va in rovina» (Ag
1) e decidersi per uno stile di vita seriamente evangelico, in cui regni la
giustizia, la fraternità, la gioia di Dio.
Perché
questo programma di rinnovamento non rimanga mera astrazione, occorre ridare a
Dio il primato nella nostra esistenza, vilmente prostrata dinanzi a troppi
idoli. Viviamo nella ricerca spasmodica di certezze, di sicurezze, di realtà
magari buone, ma assolutizzate, che ci imprigionano: «Solo al Signore Dio
tuo ti prostrerai, lui solo adorerai».
«Chi spera nel Signore non resta deluso».
La fede in Dio, centro della
nostra esistenza, ci consentirà di trovare nel quotidiano impegno delle nostre
energie «la giusta misura del dolore e della gioia» (Georges Bernanos).
Cenere e
acqua, perché si accenda in noi il fuoco della fede.
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