11 novembre 2024

SPUNTI sul tema della santità.

 

PENSIERI E CITAZIONI DA APPROFONDIRE.



Il testo che segue ha un registro alquanto ibrido: non nasce come testo scritto, piuttosto come scaletta/bozza di una relazione che, per motivi dis-organizzativi, non ho potuto condividere.

Il titolo della riflessione che avrei dovuto proporre è: La santità come coerenza alla Parola di Dio e alle parole umane.

Il tema è davvero vasto e complesso. La traccia contiene in sé quattro parole che corrispondono a quattro realtà immense. Più che un’analisi discorsiva, suggerirò pertanto alcune citazioni, legate ad alcuni scarni spunti di riflessione.

                                                                        °   °   °  
Innanzitutto occorre inserire questa riflessione nel contesto in cui viviamo. Un contesto bipolare:
- Indifferanza e chiusura nel proprio angusto “io";
- omologazione alla massa, dunque identità personale ignorata
                              
           “SOLO IO” – “NESSUN IO”

Ritengo utile condividere un’esperienza fortemente significativa nata a Palermo da alcuni anni che si chiama Raizes Teatro, immaginata e portata avanti da Alessandro Ienzi, avvocato trentenne appassionato d'arte e soprattutto di teatro, che propone con le sue perfomance un percorso di risveglio per le coscienze in difesa dei diritti umani violati in tutto il mondo. Il suo ultimo progetto, già in scena in Europa, si chiama appunto Indifferenze. Con il suo teatro fa emergere con intensità storie vere di esperienze di emarginazione e di crudeltà davvero intollerabili.

L'indifferenza è l'opposto della “santità”.

Mi sono sempre sforzato di svegliare quelli che dormono e di impedire agli altri di addormentarsi. È questo un compito che non comporta grandi profitti né grandi onori e che, anzi, vi preclude molte strade. Ma non importa!» (Georges Bernanos)

In questo tempo di sonnambulismo spirituale, è urgente riflettere e confrontarsi su tematiche che possano risvegliarci dal torpore e dall’indifferemza e dal bieco cinismo che ci fa sprofondare nell’informe.

   Svegliati o tu che dormi! (Lettera agli Efesini 5, 14)

“Santità” è una di quelle parole che è stata etichettata, circoscritta da filo spinato, e dunque incapsulata in un concetto definito, in uno stereotipo: santo = aureola, ceri, processioni e santini, il tutto accompagnato spesso, purtroppo, da tanto fanatismo.

Occorre precisare che la Chiesa canonizza alcune persone che hanno praticato in modo eroico il Vangelo e li indica come maestri e modelli. Ma non tutti i santi vengono canonizzati, così come non tutti gli artisti sono inclusi nei libri di storia dell’arte.
Va inoltre specificato che la stessa Chiesa, sia nell’insegnamento di tanti santi, sia come Istituzione, e in modo inequivocabile nel Concilio Vaticano II, esplicita la “Chiamata universale alla santità”. (Lumen Gentium)
Questo pronunciamento è molto importante perché, con la scusante che non potremo mai essere eroi, né martiri né perfetti come i santi ufficialmente canonizzati, ci comportiamo come se l’argomento “santità” non ci riguardasse.

Sono venuto perché abbiate la vita e l’abbiate in abbondanza.(Giovanni 10, 10)

Il dono della vita, della pienezza della vita il Cristo vuol farlo a chiunque ascolta la sua parola, non solo a qualcuno. Pienezza di vita Plénitude d’être.

Questa pienezza di essere è un’attesa dell’uomo, un’esigenza profonda di ogni essere umano, se solo ascoltassimo il nostro profondo… E forse proprio perché ci disconnettiamo dal nostro profondo avvertiamo il male di vivere, il vuoto, il non senso…

A questo proposito, desidero condividere un testo, una fra le molte trascrizione di una preghiera orale dei Navajos, un gruppo di nativi americani, proprio per indicare che l’urgenza del sacro, l'attesa di una divinità è nel cuore di ogni uomo:

           «Con un vuoto di fame in me Io cammino, cibo non potrà riempirlo,

con un vuoto di spazio in me Io cammino, nulla potrà riempirlo

con uno spazio di tristezza in me io cammino, nessuno lo calmerà per sempre.

Solo, per sempre triste io cammino,

per sempre vuoto, per sempre affamato io cammino.

Con dolore di grande bellezza I

Io cammino con vuoto di grande bellezza, Io cammino.

 

Ora con un Dio io cammino, ora i passi muovo tra le vette.

Ora con un Dio, io cammino a passi di gigante oltre le colline.

Io sono una preghiera in cammino.


Mai solo, mai piangente, mai vuoto sul cammino delle età antiche

sul sentiero della Bellezza, io cammino».

Dal testo emerge il vuoto e il non senso dell’uomo senza Dio e la trasformazione in “preghiera in cammino” quando si vive alla presenza di Dio.

Possiamo parlare pertanto di una santità laica e di una santità che, in quanto fa riferimento al Dio di Gesù Cristo, viene canonizzata ufficialmente.

Ciò che conta è innazitutto “vivere da viventi”. Sembra un gioco di parole, ma non lo è…

«Dunque vi credete vivo? La vostra vita interiore porta il segno meno. La vostra mediocrità, figlio mio, tende al niente». Così inizia L’impostura, che ha come protagonista l’abate Cénabre, un prete “impostore”; si tratta di un romanzo di Bernanos, da sempre ossessionato dalla menzogna e dalla vita vissuta nelle apparenze.  

Vivete finché siete vivi, scriveva Jean Sulivan.
Gloria di Dio è l’uomo vivente, affermava sant’Ireneo di Lione.

La prima tappa di un cammino di crescita umana, prima ancora che cristiana, è avere consapevolezza della propria identità, del proprio volto, della personale vocazione. Se non sappiamo chi siamo, come faremo a sapere dove e come andare?

 ‒ Il “Conosci te stesso” di Socrate, è un monito sempre valido.

  Un giorno, da qualche parte, in qualche luogo, inevitabilmente incontrerai te stesso, e questa, solo questa, potrà essere la più felice o la più amara delle tue giornate. (Pablo Neruda)

Chi sono? Che senso ha la mia vita? Cosa devo fare per essere di più?

Seguono alcune citazioni di Bernanos sul tema di una vita interiore ignorata:

Noi non ci conosciamo, il peccato ci fa vivere alla superficie di noi stessi». (Notes 1948)

Molti uomini non impegnano mai il loro essere, la loro sincerità profonda. Vivono alla superficie di sé stessi. (Journal d’un curé de campagne)

La grande miseria del mondo moderno è che in esso l'uomo sociale soffoca sempre l'uomo vero, l'uomo interiore».  (Le Chemin de la Croix-des-Âmes)


1. Bisogno di pienezza Ricerca della nostra identità per capire chi siamo e quali sono le nostre attese e quale strada seguire per crescere.

°    °    °   

A Palermo, insieme alle banche e ai ristoranti prolificano i Centri Benessere. Questo indica come insieme al denaro e al cibo ci sia l’esigenza di far star bene il proprio corpo. E altresì prolificano i centri radiologici, per prevenire possibili patologie pericolose per il nostro organismo. Per non parlare della figura del nutrizionista, per un numero sempre più alto di persone ormai considerato necessario. Se tutto questo non fosse vissuto in modo ossessivo potrebbe pure andar bene: prendersi cura del corpo è diritto e dovere. Ma non siamo solo corpo.
Come non ricordare l’umanesimo integrale di Jacques Maritain?

Siamo anche intelligenza che dobbiamo nutrire con la conoscenza e non con l’informazione;
siamo anche cuore, che dobbiamo nutrire con relazioni quanto più possibile autentiche e diversificate;
siamo anche interiorità, spirito, anima, che richiedono anch’essi un’adeguata “alimentazione” e prevenzione.

Purtoppo trionfa ciò che è alla moda, illusorio, quel che appartiene al mondo delle apparenze, mentre per ciò che concerne il mondo interiore, siamo per lo più analfabeti... Siamo anaffettivi, indifferenti, irrispettosi, disattenti, incapaci di ascolto e di stupore.

Dovremmo occuparci di rafforzare anche i muscoli dell’anima, sapere quali sono gli alimenti più adatti per la nostra interiorità, valutare ciò che ci crea disfunzioni e “allergie”, per evitare di andare in shock anafilattico, vivendo da uomini non da «mezz’uomini, ominicchi e, troppo spesso, da quaquaracqua», per dirla con Sciascia.

Spesso viviamo da morti, non da veri viventi.
Vive da morto chi vive nelle apparenze, nel compromesso, nella menzogna.
Vive da morto, chi vive per primeggiare, incurante del vero bene, della verità e della giustizia.

 

 2. Conoscersi per essere coerenti con se stessi.


Bernanos affermava che «la più grande delle disgrazie del mondo moderno è una cospirazione contro la dimensione dell'interiorità».

Cerchiamo la felicità, cerchiamo il benessere, cerchiamo la quiete, la pace e però dobbiamo chiederci: ma quale pace, quale felicità, quale benessere? A guardarsi intorno sembra che tutti siano scontenti, aggressivi, sembra che a tutti manchi qualcosa… e in effetti nella nostra società del cosiddetto “benessere” si può affermare che "abbiamo tutto ma ci manca l'essenziale": ecco il perché del dilagante e mortifero “malessere”.

 

3. Il ruolo della Coerenza.

Essere coerenti con se stessi, con la propria identità più profonda, richiede un confronto, ed è qui che ci si scontra con la difficoltà. Ma è solo nella fatica, nel rischio del confronto con gli altri che ci conosciamo. È solo nel dialogo oltre che con noi stessi, anche con gli altri, col mondo, con la natura, con Dio che cresciamo e camminiamo. Non si cresce guardandosi allo specchio.
Ciascuno di noi è unico e unico è il cammino della sua crescita.
Non siamo sovrapponibili, non siamo intercambiabili.
Non possiamo imparare né l'amore né la fede se non amamdo e credendo...

Fondamentali pertanto sono le relazioni umane, la capacità di ascolto e la capacità di comunicare. Ecco perché è importante la cura delle parole, così come la cura dello sguardo e l’impegno ad essere “trasparenti”…

Ne I Grandi Cimiteri sotto la luna, Bernanos propone un testo davvero significativo, in particolar modo per coloro che si proclamano credenti solo perché frequentano la chiesa e "recitano le preghiere"…
Lo scrittore immagina che nel giorno della festa di santa Teresa di Gesù Bambino venga proposto ad un agnostico di tenere il sermone
Il sermone dell'agnostico, di cui vi leggo solo uno breve stralcio:

Devoti e devote, devo confessarvi che il vostro vocabolario fa sognare noi non credenti.

Per esempio, quel termine misterioso: stato di grazia. Quando uscite dal confessionale siete in “stato di grazia”. Stato di grazia. E che vi devo dire? Non si vede proprio. Noi continuiamo a chiederci: Ma che ne fate della grazia di Dio? Ma dove diavolo la nascondete la vostra gioia?

Ve ne prego, vivete il Vangelo!

Il testo, nella sua interezza, andrebbe meditato e manducato; lo trovate nel mio blog Parole per raccontare.


4. Coerenza e testimonianza.

Responsabilità e impegno per essere segno di ciò che siamo, di ciò in cui crediamo.

Io sono responsabile della mia rosa.(Saint-Exupéry) 

Testimoniare la buona notizia del Vangelo non equivale a pronunciare formule catechetiche, scollate dalla nostra esistenza.

Affermava Charles Péguy, scrittore francese, un poeta del primo Novecento che la santità è uno stile di vita: ciò che conta non è essere chiamato o nominato santo, ma vivere da santo.


Ci sono certi uomini che non fanno rumore, che non si fanno notare, ma che sono la spina dorsale del mondo. La loro santità sta nel vivere secondo la verità senza compromessi.
I santi sono uomini ordinari che custodiscono l'eterno
. (Il mistero dei Santi Innocenti)

E la santità vera traspare, trasuda dalla persona che custodisce l’eterno.
Ci sono dei tratti nel volto, nello sguardo, nelle parole, che dicono più di molti discorsi. Attenzione, benevolenza, umiltà, gentilezza e sorriso.

Un santo triste è un triste santo! affermava giustamente san Filippo Neri.

C’è una splendida terzina di Dante che ci ricorda l’importanza dell’accoglienza e della benevolenza nei confronti di chi incontriamo nel nostro cammino. Altro che indifferenza, invidia, aggressività…

            «E poi che la sua mano a la mia pose

con lieto volto, ond’io mi confortai,

mi mise dentro alle segrete cose». (Inf III, 19-21)


Benevolenza e ascolto dovrebbero essere tratti caratteristici di chi vuol fare un cammino di maturità interiore, di crescita spirituale e non può restare indifferente a chi gli sta accanto.


Non nel Vangelo, ma nel Libro dell’Esodo (23,5), centinaia e centinai di anni prima di Cristo, si legge:
«Quando vedrai l’asino del tuo nemico accasciarsi sotto il carico guardati bene dall’abbandonarlo, ma aiutalo a rialzarsi». (Libro Esodo 23,5)


Ma quanto siamo lontani dal vivere anche solo umanamente, figuriamoci cristianamente!


5. Coerenza e Cura.

I CARE – Mi prendo cura… altro che “Me ne frego, io mi faccio i fatti miei

A proposito di “coerenza”, due esempi di laici:
  Léon Bloy, uno scrittore francese del Primo Novecento, la cui testimoninaza fu decisiva per Jacques e Raïssa Maritain;
 Thomas Moore, cancelliere, lord, giurista e umanista, condannato a morte da Enrico VIII per la sua coerenza alla giustizia  e ai valori catttolici, e poi canonizzato.

Dunque santità come pienezza di vita, si diceva.
Ma se parliamo di vita occorre parlare anche di morte, non per rattristarsi, piuttosto per vivere in modo più autentico e fecondo.

Cosa resterà di noi quando il nostro corpo non sarà più in cammino su questa terra? Resteranno le tracce che lasciamo nel cuore degli altri, la presenza della parte di noi profonda non più sovraccaricata dalla fisicità, ma solo ciò che abbiamo davvero vissuto e donato.       

Vorrei citare un brano tratto da Bernanos, in cui tutti possono ritrovarsi:

  Il santo è colui che sa trovare in se stesso, che sa far sgorgare dalle profondità del suo essere l'acqua di cui il Cristo parlava alla Samaritana. Essa è in ciascuno di noi, la cisterna profonda aperta sotto il cielo. Senza dubbio la superficie è ingombrata da cocci, rami spezzati, foglie secche, da cui sale un odore di morte. Su di essa brilla una specie di luce fredda e dura, che è quella dell'intelligenza logica. Ma al di sotto di questo strato malsano, l'acqua è subito così limpida e così pura! Ancora un po' più in profondità e l'anima si ritrova nel suo elemento natale, infinitamente più pura dell'acqua più pura, questa luce increata che bagna la creazione intera – in Lui era la Vita e la Vita era la Luce degli uomini.
(Georges Bernanos,
La Liberté pour quoi faire?)

 

6. Parola di Dio.

Le parole umane non ritengo che siano sufficienti a condurci nel più profondo di noi, in quell’Oltre né verso quell’Altro a cui, forse anche incosciamente, aspiriamo… Ecco l’urgenza della Parola di Dio, della Parola che guarisce, che illumina, che rende liberi.

 ‒ Lampada per i miei passi è la tua parola. (Salmo 119, v.105)
Signore da chi andremo? Tu solo hai parole di Vita eterna. (Giovanni 6,68)

Ruolo determinante nella crescita spirituale ha la familiarità con la Parola di Dio, che ci assicura una trasformazione interiore, una vera rinascita.

Essere autenticamente sé stessi non credo sia possibile senza la quotidianeità col sacro nella nostra esistenza, senza un dialogo costante con il Tu divino.
È la presenza di Dio nel nostro vissuto che ci dona la forza di attraversare la tempesta, l’energia  di danzare sotto la pioggia, la certezza sperata che «in fondo alla notte sorgerà un’altra aurora».

In ambito fisico, oggi si è sempre più convinti che “la nostra salute dipende da ciò che mangiamo”. Il cibo viene assimilato e diventa parte di noi. Ma forse si dimentica  o si ignora  che lo stesso avviene in ambito interiore.
Noi siamo ciò che vediamo, ciò che ascoltiamo, le parole che leggiamo, che diciamo… Tutto ciò che viene dal di fuori alimenta la nostra interiorità nel bene o nel male. Ma stiamo attenti a tutto questo? Ci preoccupiamo del “cibo” che mangiamo, dei virus spirituali, ci occupiamo di ciò che avvelena e inquina i nostri sentimenti, pensieri, scelte?
Ci preoccupiamo di saper individuare quel che ci dona la salute interiore?

Ecco, la Parola di Dio è nutrimento dell'anima. Diceva san Gregorio Magno che «le parole di Dio crescono con chi le frequenta con amore».

Quando una canzone o un verso entrano nella vostra storia personale perché ci ricordano una persona, un evento, un momento particolare… ripetiamo quelle parole e ogni volta, anche se sono le stesse, non sono più le stesse, hanno acquisito un altro spessore… Si avverte più intensamente quel ricordo, quell’emozione, quel sentimento, quel frammento di vita che diventa sempre più carico di significato.

Così è della Parola di Dio, che non basta solo conoscere, ma che occorre meditare, approfondire, manducare, ripetere e condividere… Se così facessimo, assisteremmo alla nostra interiore trasformazione, perché la Parola fa nascere e crescere in noi «gli stessi sentimenti che furono di Cristo Gesù…». (Lettera ai Filippesi 2,5)

E questa è la coerenza. E questa è la santità.
Ma questo cammino di conoscenza, di crescita e rinascita richiede l’umiltà.

Nella lampada del nostro cuore è sempre l’olio dell’umiltà che nutre la fiamma della carità.
   (santa Caterina da Siena, Lett. 112)

 Camminare nella carità, come ci propone il Vangelo, certo non è agevole, ma, oltre la “porta stretta”,  ci promette la vita, la pienezza della vita.

Viva sarà la mia vita tutta piena di te». (sant’Agostino)

C'è urgenza di risveglio della parte profonda del nostro essere che è assopita, spesso drammaticamente inquinata. Occorre scegliere di cominciare o ricominciare il cammino per andare sempre più avanti verso la nostra verità più profonda e sperimentare lo spirito delle Beatitudini, la «Buona notizia del dolore divinizzato». (Bernanos)

 

7. Sintesi.

Santità. Pienezza di vita.
Identità. Necessità di conoscere se stessi, la propria vocazione.
Coerenza. Impegno a essere fedeli a sé stessi, agli altri.
Urgenza di essere alimentati dalla Parola di Dio, la Parola che salva.

Vorrei chiudere questa accozzaglia di spunti e citazioni con una sigla che in sole quattro parole sintetizza questo testo: a volte più che un’elucubrata disquisizione possono essere utili poche parole su cui ritornare con attenzione.


Ecco la sigla che propongo:  
S. C. P. R.  =  SII COERENTE PER RINASCERE



 

 

18 ottobre 2023

MALE-DIRE o BENE-DIRE

LE PAROLE DELL'ODIO E LE PAROLE DELLA PACE

 
    La storia, quella di ciascuno di noi e quella dell'intera comunità umana, è un intreccio di fatti, ma i fatti non nascono dal nulla ed è indiscutibile che, nella narrazione dei fatti, le parole incidono in modo significativo.

    Non è necessario essere specialisti del linguaggio per rendersi conto di come le parole di tutti i giorni siano diventate sempre più violente e aggressive.
    La tossicità del linguaggio si è infiltrata nella comunicazione in modo subdolo e spesso non ci si accorge neppure più della quantità di odio presente nel parlare quotidiano: in famiglia, al lavoro, a scuola, per strada. Un'attenzione particolare merita poi il linguaggio online e le innumerevoli pratiche violente rese possibili dagli strumenti tecnologici.
Se non la smetti di gridare ti ammazzo!
Lei è un incompetente! Se potessi, la licenzierei subito!
Quest'anno ti boccio, così non ti dovrò più sopportare in classe.
Pezzo di m***a! Ti potesse schiacciare un camion...!
Parole deumanizzate e deumanizzanti.

    Ma forse anche noi, senza rendercene conto, non solo ascoltiamo, ma talvolta pronunciamo parole che feriscono, parole che creano divisione, parole che "uccidono".

    Se nulla possiamo sulle guerre che insanguinano il mondo, possiamo però contribuire a rieducare il nostro linguaggio, perché non sia mai un veicolo di odio, piuttosto uno strumento di dialogo e di pace.
Un tempo/spazio rassicurante e umano.
Un Possibile Ponte Pacificante.

* Scultura di Bruno Morelli, 1982.